23.2.11

Flatlandia



Meno male che non ho ceduto alla tentazione di abbandonare la lettura di questo libro. Già una prima volta avevo lasciato perdere. Le prime sessanta pagine si erano rivelate ostiche, soprattutto per chi vive in un periodo nel quale non ha strettamente la necessità di troppi giri di rotelle. Avevo riposto il libro sul comodino, abbandonandolo accanto alla pila di cose da leggere, ma comunque in bella vista. Quasi con il masochistico intento di essere rimproverato da quella copertina verde fuffa (quella della Adelphi in versione economica). Quando ho deciso di riprendere la lettura qualche mese dopo, giusto perchè non ci si fa mai troppo del male, ho ricominciato a leggere tutto da capo. E questa volta, i dubbi che mi avevano assalito la prima volta, sono arrivati solo dopo una novantina di pagine.

Per poi magicamente sparire.


In un primo blocco, Edwin A. Abbott, ci spiega nei dettagli il funzionamento di una società che vive a Flatlandia, un paese che si sviluppa in sole due dimensioni, dove la donna è una retta, i triangoli sono le forze dell'ordine e gli operai, i quadrati rappresentano quella fetta di popolo quanto meno istruita e così via, fino al concetto di più lati si hanno, più si sale verso la vetta della scala sociale. Dopo questa prima parte succede che il protagonista del romanzo, un quadrato (ma anche un matematico), incontra una sfera che non si rivela subito tale, con tutti i problemi che questo incontro porta con sé.



La sua fede e le sue certezze crollano come nulla fosse e la difficoltà della sfera nello spiegare al matematico una terza dimensione, con aspetti esplicativi che semplicemente non rientrano nei concetti logici di Flatlandia, fanno arrivare per forza alla conclusione assurda (e assoluta) che non è detto che non esistano delle realtà diverse solo perchè non siamo in grado di concepirne le dinamiche. La nostra stessa realtà (Euclidea) potrebbe in effetti già sforare dalle tre dimensioni canoniche e rientrare nelle quattro, in quanto una corrente di pensiero sullo studio della fenomenologia naturale, dopo le prime tre grandezze (per definizione: le tre dimensioni dello spazio stesso), annoverano a pieno titolo il fattore Tempo come quarta dimensione.



La sera che ho finito il libro, e la notte che ne è derivata, affollata di strani e psichedelici sogni, ho realizzato quindi che una quarta dimensione potrebbe essere possibile. Così come una quinta, una sesta e via discorrendo. Giuro che sono rimasto a pensarci almeno per un paio di giorni. E i postumi della lettura, tutt'ora, non sono svaniti del tutto. E pensare che Edwin Abbott, scrittore, teologo e padagogo britannico, ha finito di scrivere questo romanzo (che alla fin fine troppo romanzo non è) solo nel 1884. Un testo estremamente formativo da molti punti di vista e foriero di riflessioni che, prese in un certo modo, possono portare anche alla follia. Consigliato a chi non ha nulla da perdere, quindi, e a chi non si ferma alle prime nozioni scolastiche sulla vita, l'universo e tutto quanto.

Infine, nel solito sommesso ricercare in rete, ho trovato per lo più le disquisizioni di qualche stimato pazzoide (o forse no, a questo punto) relative alle varie dimensioni e alle definizione esemplificative delle stesse. Ma giusto per alleggerire l'argomento, mi sono capitate sotto gli occhi anche un paio di cose simpatiche:

Un giochino on line chiamato appunto Flatland, ma che a parte (presumo) le forme geometriche basilari, poco o nulla ha a che fare con il romanzo in questione, visto che ci si dovrà cimentare nel più classico degli space game a scorrimento verticale. E più si mangiano i pezzi dalle astronavi nemiche che si fanno esplodere, più la vostra navicella cresce.



Ma soprattutto The Official Movie Version of Flatland, il sito del lungometraggio animato del 2007 dedicato all'opera di Abbott, che conta tra le voci del cast quelle di Martin Sheen, Kristen Bell e Joe Estevez. Progetto interessante per quanto, avendo letto il libro, non viene da associare ad esso l'atmosfera scanzonata e cartoonesca che invece hanno voluto infondere nel film.


2 commenti:

CyberLuke ha detto...

E dire che pensavo di essere uno dei pochi ad aver tutto Flatlandia (sì, cnell'edizione con la copertina verde fuffa di Adelphi).
Visionario.
Geniale.
Nonché una feroce critica alla società dell'epoca (basta guardare come sono tradotte nel mondo a due dimensioni le donne) camuffata da romanzo fantasy.
Un'ottima segnalazione.

LUIGI BICCO ha detto...

Che poi non è che si distacchi tanto anche dalla società odierna. Ed è un bel dire. Comunque questa lettura di rivela davvero un'esperienza.

P.S.: Luca, grazie per le dritte. Come vedi in testa a questo post, ho inserito un'immagine in verticale per tutta la sua larghezza. Ho seguito le tue indicazioni. Che poi, a pensarci, sono le stesse che servono per inserire una gif animata. Grazie ancora.

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