11.4.13

Un Nathan Never diverso (o forse no) in 2, 3, 5 vignette. Di 6 se ne vedono poche.


Qualcosa deve essere successo. Mi riferisco all'ultimo numero di Nathan Never, il 262, intitolato L'Ultimo Regalo. Sfogliandolo rapidamente in edicola mi è capitato di notare qualcosa di diverso che non ho inquadrato subito. Sicuramente i disegni di Romeo Toffanetti, nelle mie grazie sin dai suoi esordi sulla testata, mi erano sembrati leggermente più votati ai riferimenti fotografici. Le vignette respiravano meglio, il segno era più sicuro e i contrasti tra le luci e le ombre più marcati e cinematografici rispetto al passato. Anche i retini, che il disegnatore ha sempre utilizzato più o meno con parsimonia, qui sembravano ridotti al minimo indispensabile. Eppure l'impressione era che nessuno di questi elementi facesse davvero quella differenza più marcata che traspariva dall'intero albo.


L'ho chiuso, l'ho pagato e me lo sono portato a casa con la promessa di tornarci sopra durante la lettura.

Solo in un secondo momento, e ad un'occhiata più attenta, la situazione mi è parsa più lampante. Qualcosa di diverso c'è davvero. Le vignette sembrano respirare meglio perché i margini esterni sono stati ridotti di mezzo centimentro per lato (per caso o per ragione, il fatto sussiste comunque, come direbbero in tribunale) e soprattutto le prime tavole presentano una composizione inusuale che trascende dalla classica griglia bonelliana. Non parlo di forma, ma di contenuti e numeri. Le prime pagine vanno da un minimo di due/tre ad un massimo di cinque vignette. Se le altre avessero contato quattro o cinque vignette, probabilmente non me ne sarei nemmeno accorto. Il fatto è che, tanto per dire, lo schema compositivo (il numero di vignette delle prime sette pagine), si presenta in quest'ordine:

3-3-4-4-3-2-4

La prima tavole a sei vignette compare solo a pagina 12. La seconda a pagina 35. Solo rispetto agli ultimi episodi, ad esempio, il numero di vignette è diminuito di almeno un terzo.



Se graficamente la situazione si mostra interessante, mi chiedevo però quanto la sceneggiatura di Davide Rigamonti potesse risentire (o guadagnare) da questo tipo di impaginazione. E soprattutto se il taglio particolare era stato ricercato apposta per adattarsi alla sceneggiatura o viceversa.
E in effetti la sceneggiatura è improntata su una storia molto lineare, di facile lettura e senza fronzoli:
Il marito di una celebre artista viene ritrovato cadavere. La donna si rivolgerà all'Agenzia Alfa che per fare luce sul mistero, si imbatterà in qualcuno che potrebbe avere delle risposte.
Questo naturalmente solo al primo livello di lettura. C'è poi il fatto che quel qualcuno nel quale si imbatterà l'Alfa, è in realtà collegato proprio all'omicidio e alla celebre artista e via discorrendo. Si dice che le storie che puoi riassumere in un paio di righe appena, siano le migliori. Ma in realtà non è mia intenzione addentrarmi nella trama o discorrere della sua validità. In generale mi è sembrata una buona storia, più agile e dinamica, votata all'azione e che in generale ha funzionato meglio di alcune che l'hanno preceduta nei mesi passati.

Fatto sta che si è trattato di un episodio atipico che è nato, sono sicuro, solo per caso, ma sulla quale riuscita si può spendere qualche buona parola. L'intera storia sarebbe entrata probabilmente in una "sessantacinquina" di pagine di un albo tradizionale, ma il tutto respira meglio e sembra quasi di trovarsi di fronte alle tavole di un albo "gigante".
Beninteso, non sono state fatte particolari sperimentazioni sulla struttura. Il taglio è quello, le vignette e la gabbia, più in generale, sono semplicemente state dimezzate (o quasi), con risultati di leggibilità da non sottovalutare e da tenere seriamente in considerazione anche per il futuro. Capisco che i lettori preferiscano avere tra le mani un albo da 25/35 minuti di lettura (non tutti), ma su questo tipo di struttura potrebbero venire facili anche tutta una serie di espedienti narrativi e di sperimentazioni grafiche che sulla classica gabbia a sei vignette verrebbero difficili da realizzare. Questo indipendentemente dalla questione se Bonelli Editore possa essere interessato o meno alle suddette sperimentazioni.

Comunque un buon numero. Con un bel Nathan da vedere. Anche se questo, mi perdoneranno gli altri nomi coinvolti, è tutto merito del disegnatore argentino.

6 commenti:

CyberLuke ha detto...

Ho sempre stimato in circa un'ora la lettura completa di un albo Bonelli.
Sì, puoi farcela anche nella metà di quel tempo, ma significa non soffermarsi sulle vignette, i disegni, i dettagli, i dialoghi.
Non è il mio tipo di fruizione.
Quanto a Nathan Never, ormai l'ho abbandonato da tempo. Ho provato a rileggerlo di recente, ma nulla da fare. O sono troppo invecchiato io, o la sua Golden Age si è chiusa già anni fa.
Toffanetti è in gamba, ma ho sempre pensato che un fumetto di fantascienza debba avere un certo tipo di disegno, alla Castellini o alla Hitch, per capirci.

LUIGI BICCO ha detto...

Anch'io mi soffermo parecchio sulle vignette, quando il disegnatore è nelle mie grazie. Un'ora probabilmente è troppo, ma qui dipende anche dall'albo e da chi lo scrive. Ti svelerò un segreto: è invecchiato Nathan, si, ma siamo invecchiati anche noi, purtroppo :)
Nathan Never rimane IL fumetto di fantascienza in Italia e per un appassionato di fumetti e di sci-fi rimane un punto di riferimento. Brian Hitch? Un grande, anche se non sarebbe il primo nome che mi verrebbe in mente. Però sai cosa? Per finire un albo intero da 96 tavole, ci metterebbe un decennio :D

Ettore Gabrielli ha detto...

Considerazione molto interessante, prime avvisaglie di esperimenti bonelliani?
Mi ricorda quello fatto, ma in maniera più "dichiarata", da John Doe, per il quale gli autori hanno spesso affermato di cercare una lettura veloce, ritmata.
Un modo per aggiornare una tradizione fumettistica senza andare a cercare fantasiose rivoluzioni, senza andare a modificare una macchina produttiva (anche nel senso di foliazione, stampa etc...) ormai oliata alla perfezione.
Mi hai fatto venire la curiosità di ricomprarmi un Nathan Never! :)

LUIGI BICCO ha detto...

Ciao Ettore. Sai che non credo? O meglio, sono pronto a scommettere che tutto tornerà alla normalità. Era proprio la natura estemporanea di questa sperimentazione, ad incuriosirmi. Se di esperimento ricercato si tratta, secondo me è riuscito.

Come ad esempio so che il prossimo numero in edicola tra una settimana ospiterà due storie brevi, una da trentacinque pagine e l'altra di una sessantina. Ulteriore piccola "picconata" al classico bonelliano, ma già provato su Nathan Never anche in tempi recenti.

Evidentemente sono in vena di sperimentazioni. E per me fanno solo bene ;)

Sergio Giardo ha detto...

C'era molta più libertà grafica su Nathan Never 20 anni fa, come spiega molto bene Medda nella puntata di Fumettology dedicata all'agente Alfa. Poi, piano piano, si è tornati verso la tradizionale gabbia bonelliana per esplicita richiesta dell'editore. Però le cose fatte in passato rappresentano un precedente che ogni tanto consente e giustifica uno strappo alla regola. Come nel caso della storia in oggetto.

LUIGI BICCO ha detto...

@ Sergio:
Mi ricordo bene in passato certe sperimentazioni. Sarebbe stato bello che fosse rimasto quel piglio. Ricordo le parole di Medda su Fumettology. Soprattutto sull'episodio "L'Ultima Onda" di Vigna e Casini.

Che dire? Non è detto che le cose possano di nuovo tornare come allora. Speriamoci, anzi ;)

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